Favole Africane, Mozambico, Il coniglio Re della foresta

Il coniglio Re della foresta

I racconti dei Chirimas

Come è nato il libro Il coniglio Re della foresta

Tra alcuni gruppi etnici, che il regista della RAI Radiotelevisione Italiana Osvaldo Prandoni, ha visitato in Mozambico, hanno attirato la sua attenzione alcuni indigeni  della sub-tribù dei Chirimas, una piacevole sorpresa durante una sosta in una Missione retta da sacerdoti italiani, nel Gurué.
Ha scoperto che nel loro patrimonio culturale esistono una serie di racconti che lo hanno affascinato e ne ha ascoltati alcuni narrati dalla viva e animatissima voce di un indigeno.
Aiutato nella traduzione da un missionario,  prese rapidi appunti e si accorse ben presto che spesso il protagonista dei racconti,  che narrano storie di animali, era il coniglio.
Per i Chirimas, contrariamente alla tradizione occidentale, il  coniglio è considerato il rè della foresta, poiché con la saggezza e con l’astuzia,  supera ogni altro.

È quasi ovvio sottolineare che solo una parte dei racconti di questo volume sono stati raccolti direttamente da Osvaldo Prandoni.  Altri li ha elaborati da appunti datigli da alcuni missionari.
In particolare viene segnalato il portoghese Padre Alessandro Valente De Matos (Missione di Mutuali, studioso del folklore, della lingua, della letteratura e della musica chirima), il quale gli ha messo a disposizione gran parte del suo lavoro di ricerca antropologica.

I Chirimas abitano la circoscrizione di Materna, con penetrazione nelle circoscrizioni di Ribàué, Amaramba, Gurué e Alto Molòcué.
Appartengono ad una sub-tribù che si inserisce etnograficamente nella tribù dei Lòmués (di razza macua) dai quali si distinguono in parte per il dialetto, ma soprattutto per gli usi e costumi.
Si considerano i veri autoctoni delle terre di Malema che ha come centro Entre-Rios.
La lingua makua è parlata da 2.500.000 indigeni. Tra costoro 500.000 parlano il dialetto lòmué e solo 40.000 il chirima.
Tuttavia i Chirimas possiedono una copiosa tradizione letteraria, tramandata oralmente, composta da racconti, proverbi, indovinelli e canti. Le loro storie sono piacevoli, sagge, ricche di concetti morali e rispecchiano vari aspetti della vita tribale: gli usi, i costumi, i vizi e le virtù, attribuiti nella maggior parte dei casi agli animali della foresta. Di solito le favole vengono raccontate di notte, intorno al fuoco, ma solo dopo la raccolta del mapira (una specie di miglio). Infatti se questo cereale non è stato ancora raccolto,  raccontare favole porterebbe disgrazia.

Il coniglio,  chiamato namàrokolohukula,  rappresenta per i Chirimas il simbolo dell’esperienza, della saggezza e dell’astuzia. Nella lingua lòmué c’è questa espressione: Omùlatcha namàrokolo: essere simile al coniglio, cioè essere irrequieti e furbacchioni.
I racconti vengono ascoltati con attenzione e nel silenzio più assoluto sia dai grandi che dai piccini; i punti più salienti vengono sottolineati da risa o approvazioni. Dove il racconto richiama passaggi musicali, i presenti fanno da coro.
Tutte le favole incominciano come da noi: Ekwaha emosa… “C’era una volta…” alla fine si concludono con una pittoresca espressione locale: “ora togliete dalla brace la patata dolce, perché ormai è cotta”.

Il loro vocabolario è molto ricco di termini concreti, di forme verbali ma povero di termini astratti.
Ad esempio, con la parola cavalletta nella nostra lingua designamo tutte le specie di cavallette. I Chirimas invece usano il termine generico musope e poi quasi quaranta termini per designare le diverse specie di cavallette.
Per quanto riguarda la letteratura, oltre ai racconti che sono abbondantissimi, sono pure numerosi i proverbi che costituiscono in un certo modo il codice legislativo dei Chirimas. Infatti il Regulo (o capo tribù), per risolvere le questioni del suo tribunale, usa sempre un proverbio che dirima la contesa.
Gli indovinelli non hanno solo una funzione di passatempo, ma servono soprattutto per stimolare l’intelligenza e la fantasia dei ragazzi e delle ragazze.
I canti e le danze nascono da frequenti pretesti: lavoro, riunioni, feste. Chi compone le parole le introduce cantando e tutti quelli che ascoltano rispondono in coro. I canti sono per lo più improvvisati,  ma ce ne sono anche di quelli che vengono tramandati di generazione in generazione.
Gli strumenti musicali che accompagnano i canti sono numerosi e vari, circa una trentina, tra cui sette varietà di tamburi. Si dividono in strumenti a fiato, a corda e a percussione.

I racconti qui illustrati da Giuliana Consilvio, “Il coniglio re della foresta”, sono soltanto una parte della narrativa chirima. Tuttavia attraverso di essi si riesce a conoscere la psicologia ed il carattere di questi indigeni e ad apprezzare l’acutezza della loro mente, che rivela una cultura, anche se primitiva, non certo inferiore a quella di popoli più civilizzati.